Palazzo Sigillò – Polistena (RC)

Lo storico Palazzo Sigillò, sito in Polistena (RC), occupa una giacitura importante all’interno della maglia urbana, in corrispondenza di Piazza del Popolo, una delle principali piazze appoggiate su uno degli assi portanti della città, Corso Mazzini. Il suolo di forma pressoché quadrata, caratterizzato da leggeri dislivelli, è occupato dal palazzo vero e proprio, adagiato ad angolo retto su Via dei Fiori e Corso Mazzini, dal corpo della biblioteca che va dalla piazza fino a Via dei Fiori e lo spazio antistante la piazza in parte vuoto e in parte occupato dalla nuova sala conferenze. Storicamente il fronte sulla piazza si configura come incompleto e interrotto, quasi come un retro edificio, negando la caratteristica degli altri due fronti importanti di Palazzo Sforza e di Palazzo Avati presenti nella piazza stessa. Il progetto si pone come lettura chiara e stratificata delle diverse parti. In particolare, si è posta come prioritaria un’azione mirata ad esaltare la compattezza originaria del Palazzo nella sua espressione linguistica e volumetrica, ripulendolo di parti ibride o di possibili ‘contaminazione’ sul piano della lettura volumetrica e architettonica. Il corpo della biblioteca, infatti, si riprogetta all’insegna dell’autonomia funzionale e planimetrica, come corpo aggiunto al servizio dell’edificio principale, ma morfologicamente non organico. Esso si affaccia sui due fronti opposti, esponendo su piazza del Popolo la necessità di rapportarsi al corpo della sala convegni, nell’uso dei materiali, negli allineamenti basamentali e delle linee di gronda; su via dei Fiori al contrario il prospetto non cerca mimesi o camuffamenti, ma si esprime attraverso un linguaggio portato più alla memoria evocativa della storia che a una sua riproposizione improbabile. Lo spazio antistante la piazza, attraverso il corpo della sala convegni esistente, il corpo della biblioteca e la sequenza dei due cortili aperti, si configura come un elemento unitario e filtro tra il volume principale, riproposto nella sua stereometria originale e Piazza del Popolo. Di fondamentale importanza nella lettura del suolo e nella sua configurazione di progetto è stata la valorizzazione del corridoio all’aperto tra il corpo principale e la biblioteca. Esso è stato portato alla giacitura originaria di elemento di divisione e attraversamento dell’isolato, vero e proprio cannocchiale nel tessuto urbano, contribuendo a liberare la geometria di base strutturante il palazzo.

Il progetto, al piano terra, propone la funzione di caffè letterario, pinacoteca e servizi, operando un vero e proprio intervento di architettura degli interni, dove, attraverso risagomature e messa in opera di involucri voltati in cartongesso, si ricrea una spazialità forte adatta ad ospitare opere d’arte e capace di ridare aulicità e figurazione specifica allo spazio. Staccate dalle pareti esistenti le nuove architetture interne, si configurano come corpi autonomi reversibili, che non compromettono l’esistente nella sua natura strutturale. Il gioco di colore tra parete esistente e corpo voltato accentua il nuovo carattere spaziale e architettonico. Gli ingressi, riproposti nella loro dimensione originaria su corso Mazzini e via dei Fiori e riprogettato quello su piazza del Popolo, sono pensati nella loro funzione di rappresentatività e approdo per percorsi espositivi e culturali. In particolare, quello su Corso Mazzini si pone integrato con gli arredi d’ingresso finalizzati all’accoglienza e all’informazione. Sempre al piano terra, distanziato dal vicolo-corridoio all’aperto si trova il corpo della biblioteca. Esso è stato trattato nella sua autonoma dialettica storico-funzionale con il corpo centrale. La parte anteriore corrispondente con il cortile si allinea al corpo della sala convegni assumendone il linguaggio e il carattere, senza l’inserimento, quindi, di ulteriori specificazioni linguistiche valutate come ridondanti e superflue e mirando a nascondere il corpo tecnologico dentro l’alto parapetto del terrazzo che si allinea alla cornice del corpo esistente opposto. L’interno viene trattato in maniera simbiotica con l’arredo della biblioteca: un guscio di legno listellare caratterizza lo spazio sia in copertura che nelle pareti, divenendo scaffale per i libri, per poi riproporsi anche nel pavimento. Esso ridà omogeneità e continuità allo spazio della biblioteca accentuate dalla sua conformazione stretta e lunga. La presenza dei lucernai in plexiglas sulla copertura garantisce l’illuminazione naturale per uno spazio che per esposizione geografica e per posizione all’ombra del corpo centrale, risulta svantaggiato dal punto di vista dell’illuminazione. Tra il piano terra dell’edificio centrale e il secondo piano è stato interposto un piano intermedio, che si configura come uno spazio a doppia altezza in collegamento visivo con il caffè letterario sottostante. La soluzione a guscio in legno listellare voltato sul vuoto realizzato sul nuovo solaio, contribuisce a ridare al caffè letterario un salto di scala in verticale, figurativo e architettonico, dilatando gli spazi sia dal basso che dall’alto. La sua destinazione è pinacoteca, con mostre estemporanee. Per il secondo piano, il “piano nobile”, è stata operata un’attenta lettura degli spazi e della loro qualità artistica dettata dalle decorazioni (stucchi e pitture a tempera) ancora presenti sui paramenti murari. In tali spazi il progetto propone un intervento di recupero conservativo, finalizzato a valorizzare la concezione spaziale ed architettonica storicamente definita al momento della costruzione (epoca ottocentesca). Sono stati ridefiniti e razionalizzati i percorsi e gli spazi serventi, sia in senso funzionale che tecnico: essi ospitano, infatti, mediante adeguate controsoffittature, la parte impiantistica a servizio degli spazi espositivi che, in tal modo, non vengono investiti da interventi invasivi di tipo tecnologico.

Dunque, la scelta operativa progettuale è stata quella di conservare, nella maggior misura possibile, i sistemi, i materiali e le tecniche costruttive esistenti (conservazione dell’integrità materiale), per non cancellare i valori culturali, anche stratificati, insiti nell’organismo architettonico, garantendo la trasmissione al futuro di quanto più possibile è testimonianza autentica ed originale. Si propone infatti di introdurre soluzioni che non vanno ad interferire con i materiali esistenti (ricerca della massima compatibilità), sia dal punto di vista estetico-formale, proponendo la conservazione e risanando i pregevolissimi apparati decorativi esistenti (pavimenti, volte in camorcanna, stucchi e pitture a tempera, scale e ringhiere in ferro battuto, cornici e modanature), sia dal punto di vista dell’assetto statico-strutturale, mantenendo le originarie modalità di scarico delle tensioni (solai, coperture, cordoli, lucernario), e migliorando, laddove necessario, l’equilibrio delle masse e dei volumi.